Case Museo

Un percorso all’interno degli antichi “dammusi” siciliani, tra abitudini, utensili e tradizioni.

Dove sono

  • “Casa del contadino povero” via Rapisardi
  • “Mestieri scomparsi” via Roma
  • “Come eravamo” in via Nuova
  • “Latifondo e lotte contadine” via Nuova
  • “Novena e presepe” via Montecroce
  • “Settimana santa” via Montanaro

Come erano composte

La casa tipica del contadino povero e del minatore era composta da un unico vano ed era chiamata “dammuso”.

Tutte le funzioni essenziali alla vita dell’epoca erano inglobate in questo unico ambien­te che fungeva da abitazione, ricovero per animali, deposito per la paglia e per gli attrezzi agricoli. Spesso vi si trovava un solaio, al quale si accedeva attraverso una scala in legno o in muratura, dove trovavano posto altri giacigli. In una nicchia nel muro era posto il “cufilaro”, un focolare con fumaiolo per cucinare. In genere la parte anteriore del locale co­stituiva il soggiorno, mentre nella parte posteriore due piccoli ambienti, isolati solitamente da una tenda, fungevano da alcova che accoglieva il letto dei coniugi con la culla per il neonato (amaca) e da stalla. Quasi tutti i “dammusi” erano sfor­niti di latrina e dotati solo di qualche piccola apertura verso l’esterno. Al suo esterno, infissi nel muro, si trovavano robusti anelli di ferro che servivano per legarvi gli animali.

La loro evoluzione

Nell’800, il miglioramento delle condizioni economiche della popola­zione di Montedoro ed i fenomeni di immigrazione dai comuni vicini, dovuti alle nuove opportunità di lavoro offerte dalle miniere, generarono nel paese un nuovo bisogno di abitazioni.

Il “dammuso” fu spesso sottoposto ad ampliamenti che diedero luogo alla diffusione della tipologia del “dammu­so con cammara”. Tali ampliamenti av­venivano spesso sia in piano, costruen­do ex novo altri vani o acquistando locali limitrofi, sia in altezza. Si tratta della identica cellula base sovrapposta, attraverso la quale si vennero a creare edifici di due e in seguito anche di tre piani. Osservando dall’esterno le abita­zioni edificate alla fine del XIX secolo provviste di “cammare”, è possibile notare come queste siano realizzate col tipico rosticcio di zolfo dei “panotti” dal colore rossastro, che spicca sulla pietra gessosa che costituiva i muri dei piani terra, a dimostrazione che queste edificazioni erano state realizzate in seguito alle attività estrattive.

Nel nucleo più antico del paese, ancora oggi è possibile visitare alcune di que­ste abitazioni, restaurate nel rispetto delle tecniche di costruzione originali e arredate con collezioni di oggetti e utensili che rivestono un’importante testimonianza etnoantropologica della civiltà contadina. Al loro interno i diorami realizzati dall’artista contemporaneo Roberto Vanadia illustrano scene di vita quoti­diana dell’epoca.